Cosa c’entra Murakami con lo yoga? Questa riflessione nasce dalla lettura, appena terminata, dell’ennesimo meraviglioso libro di questo scrittore che amo molto. Ho riscontrato nella maggior parte dei suoi libri, ma in particolare in ‘1Q84’ e in ‘L’assassinio del commendatore’, come la realtà si intrecci splendidamente con atmosfere fantastiche, quasi oniriche. I traumi individuali e collettivi di cui narra riportano i protagonisti faccia a faccia con le loro fragilità, per permettergli di diventare ciò che davvero sono. Si muovono energie diverse, che sembrano magiche, surreali, ma che invece mettono di fronte ad un vero viaggio interiore, s’intersecano con la vita reale per farci cercare dentro di noi.
Quello che lo yoga ci aiuta a fare è trovare una maggiore sensibilità e consapevolezza di noi stessi, partendo dal corpo, ma andando sempre più in profondità, cercando di percepire la nostra energia, ascoltando il flusso di prana. La presenza costante della dualità, di luce e ombra, che sono nelle nostre vite e con cui non possiamo non confrontarci, ci costringe ad accogliere l’idea che non tutto può essere sempre lineare e positivo. Accettare la bellezza dell’ombra diventa vivere un’opportunità, ci consente di fronteggiare i nostri limiti e superarli.
Le prove che dobbiamo affrontare possono essere viste in ottica positiva, come un messaggio di riflessione, un mezzo per farci ragionare sulla direzione che abbiamo preso. I nostri sensi ci tengono legati alla forma, al tempo, ad una dimensione materiale, ma se gli consentiamo di aprirsi possiamo cogliere aspetti più sottili dell’energia legata a noi. Il suono di una campanella, vero e proprio leit motiv de “L’assassinio del commendatore”, lontano e quasi inudibile da molti, può diventare un mezzo di crescita personale. Quel tintinnio impercettibile rappresenta quei piccoli segnali che compaiono costantemente nella nostra vita. Se allargassimo i nostri sensi per cogliere e seguire questi segnali, potremmo trovare noi stessi. Un viaggio potenzialmente difficile, che magari ci metterebbe di fronte alle nostre paure, ma allo stesso tempo diventerebbe uno strumento per liberarci. Fare quel passo verso l’ignoto che ci chiama può essere un modo per entrare maggiormente in contatto con l’energia che ci guida. E’ un percorso di crescita, che, spesso, neghiamo dentro di noi o cerchiamo di non vedere, ma che esiste. Un sentiero che possiamo approfondire tramite la pratica yogica, imparando ad ascoltare e ad accogliere.
Murakami, mi ha riportato all’immagine del Tao, dove magistralmente il bianco e il nero, pur essendo divisi, si intersecano, ci raccontano la dualità e ci mostrano che le luci e le ombre presenti dentro di noi si uniscono per formare il nostro tutto, sono da vivere. Con lo yoga, possiamo andare ad indagare il nostro Tao, sviluppando una differente sensibilità all’energia, cogliendo i mutamenti in forma positiva, di crescita. Possiamo trasformare quello che ci sembra solo una fantasia o un sogno in qualcosa di concreto e positivo per la nostra vita.
Il suono di una campanella produce una vibrazione, l’energia intorno viene modificata inevitabilmente. Possiamo non crederci e voltarci dall’altra parte, ma si ripresenterà a noi.