Ogni gesto che compiamo o parola che pronunciamo ha delle conseguenze. Smuove un’energia che dipende, anche, dallo stato emotivo in cui ci troviamo e che viene trasmessa attraverso la nostra comunicazione.
A volte, senza esserne totalmente consapevoli, possiamo ferire profondamente i nostri interlocutori. Accade più sovente di quanto immaginiamo, poiché non ci prendiamo il tempo di fermarci e separare la parte emotiva che riguarda noi stessi da ciò che vogliamo esprimere agli altri. Non risolvendo le nostre controversie interiori, finiamo per restituire emozioni non digerite a chi sta comunicando con noi inserendole nelle nostre azioni o parole. Tutto ciò, oltre a minare la nostra salute emotiva, genera incomprensioni e non ci consente di avvicinarci con amore e compassione.
Il primo degli Yama, le osservanze da rispettare per inoltrarsi nel cammino dello Yoga, é Aimsha, un termine che significa non violenza. Parte dal concetto di rispetto profondo di tutte le creature viventi, della natura e di noi stessi, agendo in modo tale da non provocare dolore a nessuno con parole o azioni. È un atteggiamento globale, non solo limitato alla fisicità. La crudeltà mentale, la freddezza, l’indifferenza, non saper ascoltare, non voler vedere e altri atteggiamenti similari, che siano attuati verso gli altri, verso la natura, gli animali o verso noi stessi, sono forme di violenza che spesso sottovalutiamo. Non è sempre facile rendersene conto, ma possiamo provare ad esercitarci giornalmente, ad approcciare con rispetto e amore tutto ciò che facciamo.
Nello Yoga l’ascolto è fondamentale, sentire il proprio corpo e rispettarlo senza provocargli dolore, per esempio esagerando nell’esecuzione delle asana, è una forma di non violenza verso se stessi. Imparando a sentirci profondamente, esercitiamo l’ascolto in generale. Se coltiviamo l’amore, per noi e per tutto ciò che ci circonda, possiamo sviluppare il rispetto e la compassione per aprirci ad una comunicazione positiva, che non ferisce e porta benessere. Molto spesso sono le paure che irrigidiscono e portano ad atteggiamenti ‘violenti’, ma possiamo provare ad esplorarle, accoglierle e lasciarle andare. Con amore.
A livello yogico si possono fare, per esempio, asana che lavorano sul quarto chakra, anahata, che aprono il cuore, calmano, incoraggiano la risoluzione dei conflitti in uno stato di quiete interiore e rafforzano l’empatia. Anahata è collegato alle emozioni, riequilibrarlo ci permette di vivere il dualismo di ombra e luce che abbiamo dentro di noi in modo tale da agire nel mondo con un atteggiamento globale di non violenza. Quando siamo in pace con noi stessi non abbiamo la necessità di agire per difesa con la violenza.